“Elegie” di Olivier Dubois tra Torinodanza e MilanOltre (foto Verchère)
Due approfondimenti cardine, quest’anno, per il festival MilanOltre: il primo si apre domani 1 ottobre (replica il 2) con in scena il Balletto Nazionale di Marsiglia diretto da Frédéric Flamand, il secondo sarà su Virgilio Sieni. In scena domani un titolo chiave di Flamand: Moving Target, seguito da un incontro con l’artista curato da Elisa Vaccarino. Vogliamo però segnalare in particolare l’arrivo a Milano del lavoro di Olivier Dubois, rivelazione della danza francese di cui il Balletto di Marsiglia danza il bellissimo Elegie.
Il lavoro è in abbinamento a Organizing Demonds di Emanuel Gat il 4. Su questo secondo titolo ci torneremo dopo averlo visto, Elegie, invece, approda al festival milanese dopo il debutto italiano al Torinodanza Festival a metà settembre. Si ispira alla prima Elegia di Rilke ed è un pezzo magmatico e ipnotico, costruito con un rigore formidabile, di estrema fedeltà al dispiegarsi del contenuto. Un solo danzatore maschio che appare da una massa nera, composta da danzatori dal viso coperto. Tra boati temporaleschi, silenzi e note di Wagner, assistiamo alle perizie umane, all’anelito verso l’innalzamento dello spirito, alla caduta, alla fine. Percorso ripetuto identico, da cima a fondo, da una figura femminile. Uomini e donne uniti da un destino comune, nei pur diversi moti che, intimamente, animano ognuna delle nostre vite. Da non perdere.
Dubois: atroce ed inintelligibile
Cara Pedroni, è la prima volta che mi trovo completamente in contrasto col tuo giudizio su uno spettacolo di Danza (a proposito: è tanto tempo che non trovo più tue recensioni ne Il Manifesto…), e sinceramente mi dispiace!…
Ma questo pezzo – Elegie – di Dubois l’ ho trovato proprio atroce! In pratica non si vede niente (ed ero in prima fila!…): tutto buio ed in basso una massa indistinta di resti umani sopra la quale pare si muova una larva di creatura… Il tutto condito da un “sonoro” (impossibile chiamarla Musica nè “contemporanea” nè moderna…) stridente a fortissimo volume.
Quando sembra sia finita, ricomincia daccapo per altra mezzora: ho letto poi sul programma di sala che le creature erano la prima volta di sesso maschile, la seconda femminile: penso tutti l’ abbiano capito… !
Altro che ipnosi: è stata un’ autentica sofferenza, una tortura ! Dov’ era la Danza ? Se mi dici che non era Danza, ma performance, allora desidererei essere avvertito prima di pagare il biglietto!!
Insomma: non esageriamo con gli spettacoli c.d. radicali o estremi ! Ci vogliono anche quelli, ma bisogna salvaguardare un po’ di intellegibilità visiva e non superare la soglia acustica del dolore (1 W/m2).
Qui eravamo molto al disotto del minimo sindacale di spettacolarizzazione.
Buon lavoro cmq!
LUX (lucioperes@fastwebnet.it)
Come ho scritto in questi giorni, ho avuto pochissimo tempo negli ultimi mesi, ma mi rifarò presto. Mi scuso per non aver risposto prima al suo commento. Penso che la danza sia un’arte foriera di tante sfaccettature, stili, dal più teatrale e spettacolare, al più performativo. Con un utilizzo del tempo, dello spazio, della dinamica, della forma, dello stesso senso estetico, aperto alle più differenti alchimie. Dubois mi era piaciuto molto: l’ho visto a Torino in una situazione particolarmente ottimale, in gradinata centrale, dall’alto. Postazione dalla quale la ‘massa indistinta’ si proponeva con un suo perché collettivo. Non lo trovo atroce e non intellegibile, tuttavia leggere pareri contrari è sempre interessante e spunto di riflessione. A presto.