Sylvie Guillem e Emanuela Montanari in “Here and After” di Maliphant @foto Bill Cooper
Serata magnifica, l’addio alle scene di Sylvie Guillem. L’abbiamo recensito sabato scorso su il manifesto dal Carlo Felice di Genova, ieri la diva ha danzato a Cagliari, ultima tappa italiana del tour partito a marzo dal Comunale di Modena. Al London Coliseum sarà dal 28 luglio al 2 agosto, tra le altre città baciate dal giro Sidney, Parigi, Taipei, New York, il finale a Tokyo in dicembre.
Riprendiamo su danzon le nostre impressioni di uno spettacolo che resterà a lungo nella memoria e nelle emozioni dei moltissimi fan di Sylvie presenti a Genova come nelle altre tappe del tour. Quattro i pezzi che compongono la serata: un assolo di Akram Khan, un duo femminile di Russell Maliphant (entrambi creazioni), un titolo storico di Forsythe, un cammeo di Mats Ek. Un programma che rappresenta perfettamente chi è oggi Sylvie fin dal titolo: Life in Progress.
Sylvie Guillem al Carlo Felice di Genova dopo lo spettacolo @foto Marcello Orselli
Apre technȇ di Akram Khan, coreografo associato al Sadler’s Wells di Londra, che già anni fa creò per e con Sylvie il duo Sacred Monsters. technȇ mette in gioco l’abilità, l’arte, la bellezza del saper fare. Khan definisce il corpo di Sylvie «massima espressione di poeticità e trasparenza» e sull’arte della diva costruisce una visione. Al centro della scena c’è una specie di albero luminoso, trasparente. Sylvie appare dal buio, accucciata, e intorno all’albero sviluppa una danza tattile, magica. Le lunghe braccia prendono possesso dello spazio appoggiandosi alla terra, il corpo è prensile, animale, mobilissimo. Un corpo metamorfico, che ci riporta non per l’assunto del pezzo, ma per la qualità magnetica con la memoria a Baryshnikov, visto tanti anni fa, a New York, ne La metamorfosi di Kafka.
“Duo” di William Forsythe @foto Bill Cooper
La serata procede con Duo2015. Il coreografo è Forsythe, di cui Sylvie ha danzato negli anni moltissimi pezzi, ma qui a interpretare lo storico titolo nato nel 1996 sono due uomini. Il lavoro è rinato per il tour di Sylvie. La musica è del compositore, storico collaboratore di Forsythe, Thom Willems, lo danzano Brigel Gjoka e Riley Watts, una visione sul tema della dualità e della diversificazione nel doppio, che si definisce in rapporto al tempo e allo spazio vuoto.
L’inglese Russell Maliphant, di cui Sylvie ha danzato una delle serate più memorabili dell’ultimo decennio della sua carriera, Push, firma per il tour Here & After. E qui c’è la Sylvie più inedita. Danza insieme a Emanuela Montanari, solista del Teatro alla Scala, più volte partner a Milano di Massimo Murru, étoile maschile interprete in anni e anni con Sylvie di una partnership artistica di potente sottigliezza. Basti pensare alla loro L’Histoire de Manon di MacMillan, a Marguerite et Armand di Ashton, a 6000 Miles Away con l’ultimo duo creato per Sylvie da Forsythe. Nel tour però Sylvie, con la complicità di Maliphant, non presenta un passo a due con Murru o un altro danzatore: opta per un duo femminile e l’intesa con Montanari (bravissima) è un cammeo sulle sfaccettature della femminilità, ora più androgina, ora più morbida, ora all’unisono, ora contrapposta, in un percorso magicamente in divenire sottolineato nello spazio dai disegni mutevoli delle luci di Michael Hulls.
“Bye” di Mats Ek @foto Bill Cooper
Per la chiusura Sylvie sceglie Mats Ek e l’assolo icona Bye sulla Sonata per pianoforte op. 111 di Beethoven, nell’interpretazione di Ivo Pogorelich. Sylvie appare dietro uno schermo in bianco e nero, figurina di ragazza, in gonna, camicia e golfino, presto uscirà dallo schermo per danzare la sua vita. Ma cosa separa esterno e interno, spazio privato e spazio pubblico, dove sono gli altri che ci chiamano? Sylvie ritorna nello schermo e se ne va. Bye. Semplicemente bye. Tutti in piedi a Genova per l’applauso finale. Lunghissimo, caldo, come Guillem si merita. Non la vedremo più in scena, ma siamo certi che la sua voce non smetterà di farsi sentire.